Era una di quelle sere in cui la pioggia cade piano, come se avesse paura di disturbare.
La casa era calda, profumava di legna e di silenzio, e io mi sentivo finalmente in pace.
Avevo riordinato, cucinato, sistemato i cuscini, messo la coperta sul divano e deciso — per una volta — che mi sarei goduta un’ora di tranquillità assoluta.

Mi sono seduta con una tazza di tè bollente e una rivista ancora intonsa.
Ed è stato in quel preciso momento che lui è arrivato.
Frodo.
Con la sua solita aria da conquistatore, la coda alta e quello sguardo che dice: “Ah, finalmente ti sei tolta di mezzo, ora posso sistemare le mie cose.”

È salito sul tavolo, ha annusato il vapore del tè, si è avvicinato al giornale e… ci si è seduto sopra.
Proprio lì.
Al centro esatto dell’unica cosa che stavo per leggere.
L’ho guardato, lui ha sbadigliato.
Poi ha socchiuso gli occhi, si è acciambellato e ha iniziato a fare le fusa, lente, profonde, come un motore diesel appena acceso.

“Ok, hai vinto anche stasera”, gli ho detto.
Nessuna reazione. Solo una zampa distesa, un sospiro soddisfatto e il suo corpo che sembrava sciogliersi sulla carta.

Mi sono arresa. Ho appoggiato la rivista a terra, mi sono spostata piano per non disturbarlo e ho acceso la radio.
Un vecchio brano jazz ha riempito la stanza, e per un attimo ho pensato che la scena, vista da fuori, doveva sembrare perfetta: io, lui, la pioggia, la stufa.
Un quadro domestico da cartolina.
Ma dentro, sapevo che era successo qualcosa di più.

Ogni sera, in un modo o nell’altro, Frodo decide lui cosa succede in casa.
Quando posso leggere, quando posso dormire, persino quando posso muovermi.
Eppure non mi pesa.
C’è qualcosa di profondamente rassicurante nel lasciare che sia lui a dettare il ritmo, come se la sua presenza bastasse a dare senso al resto.

A volte mi chiedo se i gatti sappiano di avere questo potere.
Se siano consapevoli del fatto che bastano due fusa, uno sguardo e una carezza rubata per trasformare la nostra stanchezza in pace.
Forse sì. O forse no.
Forse per loro è solo un modo di vivere: semplice, diretto, libero da tutte le complicazioni che noi umani ci creiamo ogni giorno.

Fuori la pioggia aveva aumentato il ritmo, come un battito di tamburo sommesso.
Lui ha sollevato un orecchio, poi si è stiracchiato e mi ha guardato, con quell’aria che solo i gatti sanno avere: mezzo affetto, mezzo disinteresse.
E in quello sguardo ho capito che non servono parole, né regole, né spiegazioni.
Tra me e lui, la comunicazione è silenziosa e perfetta.
Io gli do un tetto, lui mi dà la calma.
Io gli preparo la ciotola, lui mi insegna a fermarmi.
Io credo di essere la padrona, ma lui sa che non è così.

E mentre la legna si consumava lenta nella stufa e la pioggia smetteva di cadere, ho pensato che sì, forse in questa casa non comanda nessuno.
O, più probabilmente, comanda lui.