Riuscire a somministrare dei medicinali ai nostri cani e e gatti è spesso un’impresa ardua, una vera e propria «battaglia» che si conclude tra morsi e graffi. Prima di arrenderci, però, posiamo utilizzare degli escamotage per rendere meno traumatico questo momento ed uscirne incolumi. «Il sistema migliore – spiega all’AdnKronos Salute Marco Melosi, presidente Anmvi (Associazione nazionale medici veterinari italiani) – è quello di camuffare la compressa con il cibo, ad esempio in piccoli bocconcini di wurstel o di formaggio. Fortunatamente – osserva – oggi le aziende stanno venendo incontro ai proprietari, e i nuovi farmaci sono spesso palatabili, ovvero il principio attivo è inserito all’interno di una compressa a base di carne».

«Il gatto – prosegue – da questo punto di vista è molto più problematico rispetto al cane, che è meno diffidente e abituato a mangiare quasi tutto senza battere ciglio: in questi casi ci viene in aiuto la `sparapillole´, una sorta di siringa che agevola l’introduzione del farmaco sulla base della lingua del felino». Per i gatti, ricorda il veterinario, le formulazioni dei farmaci sono quasi sempre solide perché «la loro sensibilità agli sciroppi è molto alta e rischiano di sbavare abbondantemente».

Per quanto riguarda le iniezioni, Melosi precisa che «nel 90% dei casi si può utilizzare la via sottocutanea, preferibile a quella intramuscolare, che è più dolorosa. Quasi tutti i farmaci per via sottocutanea vengono somministrati sotto le scapole, zona poco sensibile sia nei gatti sia nei cani (non è una caso che le madri sollevino i piccoli mici «mordendoli» proprio in quella zona)».

«Bisogna poi stare attenti a come fare l’iniezione – sottolinea – l’ago deve essere parallelo alla cute, non perpendicolare, ed è buona abitudine mettere la museruola ai cani, anche quando l’animale è buono. Anche in questo caso – aggiunge – il gatto è più «difficile», e si cerca di utilizzare terapie diverse da quelle iniettabili ricorrendo a farmaci `long acting´, che hanno una durata variabile dai tre giorni alle tre settimane. In questo modo – conclude – i proprietari possono evitare di recarsi ogni giorno dal veterinario».

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