Chi vive con un gatto lo sa bene: prima o poi ci si ritrova a parlargli come a una persona.
Un po’ per affetto, un po’ per abitudine, ci viene naturale raccontargli la giornata, salutarlo quando usciamo o chiedergli — inutilmente — di non salire sul tavolo.
Ma cosa capisce davvero un gatto di quello che diciamo?
La risposta, sorprendentemente, è: più di quanto immaginiamo, anche se in modo diverso da come intendiamo noi il linguaggio.

😺 Il linguaggio “gattaro”: perché funziona il tono più delle parole
Quando parli con il tuo gatto, non è tanto il contenuto delle parole a colpire la sua attenzione, ma il tono, il ritmo e l’intonazione.
Gli studi sul linguaggio infantile mostrano che i toni dolci e cantilenanti — gli stessi che usiamo istintivamente con i bambini — hanno un effetto positivo anche sugli animali domestici.
I gatti, in particolare, reagiscono a un linguaggio emotivo e ripetitivo, associando nel tempo un certo suono a un’azione o a uno stato d’animo.
In pratica, il gatto non capisce “le parole”, ma capisce te: il tuo stato d’animo, la tua voce, i tuoi gesti.
Sa distinguere la dolcezza da una sfuriata, la calma dall’irritazione, e adegua il suo comportamento di conseguenza.
Per questo, anche se non può risponderti con la stessa lingua, la comunicazione è reale e reciproca.
💬 Parole, tono e associazioni: il segreto dell’apprendimento felino
I gatti non sono imitatori come i cani: imparano per associazione.
Se ogni volta che dici “pappa” prendi la ciotola, oppure “vieni” e lo accarezzi, lui collegherà suono e conseguenza.
Il cervello felino memorizza l’associazione tra parola, tono e azione, e la riproduce nel tempo.
Tuttavia, per il gatto il tono è più importante della parola.
Se dici “bravo” con voce dura, lo interpreterà come un rimprovero; se dici “sei uno scemo” con voce dolce e affettuosa, lo prenderà come un complimento.
Il significato semantico per lui non conta: conta l’energia del suono e la coerenza con il tuo comportamento.
Ecco perché i comandi negativi come “no” o “basta” devono essere pronunciati sempre con lo stesso tono deciso, senza alternare toni diversi.
Serve a fargli capire che quel suono, indipendentemente dal contesto, indica uno stop.
🧠 Quante parole capisce un gatto?
Diversi studi comportamentali stimano che un gatto possa riconoscere tra 15 e 30 parole o suoni distinti, a seconda dell’ambiente e del rapporto con il suo umano.
Ma più delle parole, ciò che conta è l’abitudine alla comunicazione.
Un gatto che vive in un contesto dove si parla spesso con lui, viene coinvolto nei rituali quotidiani (chiamarlo per nome, salutare, indicare la pappa) sviluppa una comprensione più fine.
Secondo alcune ricerche, il gatto distingue fino a 16 vocalizzazioni differenti del proprio linguaggio naturale — dal miagolio di saluto al ringhio difensivo, fino al trillo amichevole.
Questo significa che, se associ correttamente le tue parole a un tono e a un gesto, può arrivare a capire un piccolo “vocabolario emotivo” comune con te.
🐾 Gesti, rituali e comunicazione silenziosa
Parlare con il gatto non significa solo usare la voce.
La comunicazione non verbale è altrettanto potente.
Un cenno, un movimento, il modo in cui posi la mano o apri una porta: per lui sono segnali chiari.
Il classico esempio è il richiamo per la pappa: basta pronunciare il suo nome e picchiettare sulla ciotola, e lui accorre anche da un’altra stanza.
Ma anche altri gesti, come chinarti verso di lui, allungare la mano o guardarlo con lentezza, hanno significati precisi.
Uno sguardo lento e rilassato — il cosiddetto “slow blink” — è una dichiarazione di fiducia e affetto: equivale al suo modo di dire “ti voglio bene”.
Il gatto, a sua volta, comunica con te con un linguaggio altrettanto sottile: la posizione della coda, l’inclinazione delle orecchie, la direzione dello sguardo.
È una conversazione fatta di silenzi, movimenti e piccoli rituali quotidiani che rafforzano il legame.
💞 La voce come legame affettivo
Parlare al proprio gatto con voce calma, gentile e ripetitiva non è solo un’abitudine affettuosa: è un modo per consolidare la relazione.
Il suono della tua voce diventa per lui un segnale di sicurezza, una costante che lo accompagna nei momenti di gioco, di riposo e perfino di paura.
Quando il gatto ti riconosce per la voce e si avvicina, non lo fa perché “capisce le parole”, ma perché si fida di chi parla.
In fondo, la comunicazione tra uomo e gatto non è fatta di frasi, ma di emozioni sonore.
È una lingua antica, che non ha bisogno di dizionari: bastano un tono giusto, un gesto gentile e un po’ di pazienza.
💡 Il consiglio di Genny
“Parlare con un gatto è come parlare con qualcuno che ti ascolta davvero: non serve dire molto, basta usare il tono giusto.”









