Operazione Catwalk

Ci sono serate tranquille, e poi ci sono le mie.
Quelle in cui una persona normale si rilassa sul divano, e io invece mi ritrovo armata di trapano, livella e un gatto che mi guarda con l’aria di chi sta per compilare un rapporto di fine lavori.

Tutto è iniziato da un’idea tanto geniale quanto pericolosa: “Perché non costruire a Frodo un percorso sopraelevato? Una passerella sospesa tra le pareti, tipo autostrada panoramica per gatti?”.
Lui, nel frattempo, stava sul tavolo a fissarmi con i suoi occhi blu, palesemente scettico. Forse pensava che fosse l’ennesimo progetto umano destinato al fallimento, come la famosa “fontanella che non toccò mai acqua”.

Dopo un sopralluogo del cantiere (cioè io che guardavo il soffitto con un metro in mano e lui che annusava la scatola delle viti), ho iniziato a montare le prime mensole. Il piano era semplice: creare una scala verticale fino al soffitto, poi un passaggio aereo che attraversasse il corridoio, con tanto di “buca segreta” che collegasse le due stanze.
In teoria.
In pratica, ogni mensola pesava quanto un frigorifero, la parete era più dura del granito e il mio trapano sembrava tossire più di lavorare.

Ma alla fine, dopo qualche ora di sudore e qualche parola poco felina, ce l’avevo fatta: la Cat Highway era pronta.
Un piccolo capolavoro di ingegneria domestica, bianco, elegante, apparentemente stabile. Frodo l’ha guardata a lungo, poi ha fatto quello che ogni gatto fa di fronte a qualcosa di nuovo e costato fatica: l’ha ignorata completamente.

Per due giorni interi, nulla.
Passava, la annusava, mi guardava, e se ne andava.
Poi, una sera, l’illuminazione: mentre stavo al computer, ho sentito un rumore secco — tipo “tu-tunk-tunk-tunk”.
Frodo aveva deciso di collaudare la struttura.

Il primo gradino è andato bene, il secondo anche.
Al terzo, un salto felino degno delle Olimpiadi, poi un crack sinistro: una delle pedane aveva ceduto leggermente, lasciando un segno eloquente sulla parete.
Io sono corsa con l’ansia di chi teme per il proprio lavoro (e per il gatto), mentre Frodo, completamente indifferente, si è seduto sul quarto gradino, gonfio di orgoglio.
Lui stava benissimo. La mia scala, un po’ meno.

Dopo una rapida valutazione strutturale (e qualche vite in più), ho rinforzato tutto. Frodo ha seguito il secondo round di lavori da supervisore esperto, con quell’aria di chi sa che l’umano, prima o poi, farà come dice lui.
Quando ho finito, è risalito, più deciso che mai, percorrendo tutto il corridoio fino al buco in alto. Si è infilato dentro, ha fatto un paio di fusa e si è messo comodo.

Ora domina la casa dall’alto, come un sovrano nel suo regno sospeso. Io, ogni volta che passo sotto, alzo lo sguardo e vedo una coda che dondola pigra sopra la mia testa.
La morale?
Io ho costruito un percorso per lui, ma è lui che ora comanda sul percorso (e su tutto il resto).

In fondo, chi abita davvero qui, io o Frodo?
Non sono ancora sicura della risposta.